Primitivo – L’archetipo
Le mie note:
Devo ammettere che non è facile ordinare le idee e scrivere di questo vino, ho in mente un turbinio di concetti e opinioni così variegato che diventa concreto il rischio di perdere l’obiettivo e non garantire una corretta rappresentazione dell’eleganza e della finezza di questo primitivo.
Quello dell’archetipo non è solo un modus operandi, ma una vera e propria filosofia lavorativa nata dal biologico per poi convergere verso l’agricoltura sinergica, con l’assenza totale di pratiche umane sulla terra, come ad esempio l’aratura. Già su questo si potrebbero scrivere interi trattati, ma non sono sicuramente io la persona adatta a fare ciò, mi limito a raccontare quello che ho provato e sentito assaggiando il vino.
Tante volte ho avuto modo di parlare di vini pugliesi, spesso li ho accostati al sole e al clima o ancora all’ospitalità degli abitanti di questa terra. Questa volta le sensazioni sono un po’ diverse, ma se possibile più forti. In questo vino e, in maniera più ampia negli ideali alla base della produzione di questa azienda, ho sentito la terra, la terra rossa della mia terra, ho sentito il sudore delle braccia degli agricoltori e la sapienza di chi in campagna ci è nato e conosce in maniera innata le corrette mosse per accudire i frutti del proprio lavoro come un diligente padre di famiglia sa e deve fare.
Archetipo significa naturale forma delle cose, senza devianze e artifizi, nella primaria definizione naturale e nell’idea dell’azienda vuole rappresentare un modus operandi concentrato sulla sinergia tra ogni forma vivente e sulla libertà di sviluppo senza costrizioni e forzature, nel pieno rispetto della definizione di archetipo inteso come habitat naturale e percorso di crescita fortemente contestualizzato.
Il primo pensiero che mi è passato per la testa durante l’approfondimento preliminare a questo articolo, oltre che ovviamente durante l’assaggio, è stata l’immagine di mio nonno che custodisco fin da bambino, quasi mitologica e onnisciente. E’ l’immagine di un contadino di altri tempi, di quelli che con uno sguardo sanno interpretare il messaggio della natura e lo sanno custodire affinché i frutti rispettino gli sforzi fatti durante le lavorazioni annuali. Può sembrare un approccio quasi casuale, improvvisato, finto, ma la realtà è che la qualità del risultato fa capire che la cultura alimentata con gli anni e la trasmissione delle prassi di padre in figlio è davvero di un valore inestimabile.
Questo primitivo non è un cazzotto in faccia di dolcezza e profumi, ma è austero, serio ed elegante, vestito d’abito scuro impenetrabile, tutto d’un pezzo. Al naso racconta storie d’amore e passione, trasmette l’integrità del lavoro e dell’idea con un frutto distinto, una prugna e dei piccoli frutti rossi didatticamente ineccepibili, insieme a piccole nuances agrumate che acclamano tra l’altro un succoso bergamotto. La sinfonia sensoriale è ricca e variegata, cresce nel calice in un processo evolutivo ben parametrizzato, che parte da una speziatura concentrata su note di chiodi di garofano, accompagnate da una delicatissima viola mammola, fino a sviluppare più severe note eteree di china. In bocca non si smuove di un millimetro, è caldo, sapido, fresco, con una fitta e ben integrata trama tannica, di eccezionale intensità e imponente persistenza.
Lo voglio abbinare al ragù di mia nonna, che lo cucinava in attesa che mio nonno tornasse dalla campagna, per mangiarlo insieme in un focolare domestico di altri tempi, archetipo di una famiglia solida, salda e capace di affrontare qualsiasi sfida, anche la più difficile, quella della quotidianità.
Degustazione:
Alla vista è rosso rubino, con lievi riflessi granati, limpido e consistente.
Il profilo olfattivo è complesso, intenso e fine. Si percepisce nettamente un sentore di prugna, di piccoli frutti rossi e leggere nuances agrumate di bergamotto. Un delicatissimo floreale di viola mammola è accompagnato da una speziatura che ricorda i chiodi di garofano, cenni di pepe e carrubo. Con il tempo compaiono note evolute che ballano tra un’austero, ma elegante etereo e una più morbida ed intrigante tostatura.
Il sorso è secco, caldo di buona morbidezza. Sapidità e acidità si intersecano egregiamente con una solida trama tannica. La lunghezza e l’intensità sono degne di nota. Ogni componente è ben delineata in un ecosistema complesso di indiscutibile eleganza e finezza.
E’ in uno stato evolutivo di perfetta prontezza, pronto altresì ad affrontare potenzialmente qualche anno di attesa.
Denominazione | Salento IGP |
Cantina | Archetipo |
Tipologia | Rosso |
Annata | 2016 |
Vitigno | Primitivo 100% |
Zona di produzione | Puglia |
Vinificazione | “Controspalliera libera” in onore a un libro di Rudolf Steiner dal titolo “Filosofi a della libertà”. Dopo la pigia-diraspatura meccanica, il mosto fermenta spontaneamente grazie all’aggiunta di pied de cuve contenente lieviti indigeni, gli unici in grado di interpretare al meglio il nostro terroir. Dopo 20 – 30 giorni, a fi ne fermentazione, si separano le vinacce mediante una leggera pressatura. Decantazione naturale senza chiarifi canti. Non filtrato |
Affinamento | Acciaio per 18 mesi su fecce fi ni dove avviene la fermentazione malolattica. Successivamente viene travasato in grandi botti di legno per 18 mesi, segue affinamento e riposo in bottiglia per almeno 6 mesi. Minima aggiunta di anidride solforosa in pre-imbottigliamento. |
Tenore alcolico | 14,00 % |
Prezzo medio | 15 € |
Abbinamento | Carne in umido, selvaggina, salumi di buona evoluzione, carni alla griglia, formaggi stagionati. |